Ballan: “A Varese il boato del pubblico coprì tutto. Tafi? Ho ancora 13 anni per tornare al Fiandre…”
Alessandro Ballan torna a parlare dieci anni dopo il successo nel mondiale di Varese. Il veneto rimane l’ultimo italiano ad aver conquistato una maglia iridata, con la sua impresa davanti al pubblico di casa arrivata l’anno dopo il bis di Paolo Bettini. Specialista delle classiche, la sua carriera vanta un altro successo di grande livello, il Giro delle Fiandre del 2007. Il classe ’79 ha concesso una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport in edicola quest’oggi, in cui ha rivissuto parte della propria carriera e soprattutto il momento d’oro del 2008, con il suo attacco a circa tre chilometri dall’arrivo che gli è valso la medaglia d’oro.
“Avete presente quando per il rumore assordante cominci a sentire un fischio nelle orecchie e niente altro? – ha ricordato l’ex corridore – A me, nel finale di quel Mondiale, quando ho attaccato successe proprio questo. Il boato del pubblico aveva coperto tutto. Ero in una bolla. Un’impresa. Era il terzo mondiale di fila conquistato dall’Italia dopo i due di Bettini e sembrava quasi che fosse diventato facile vincerlo. Adesso il mio successo ha più valore. Damiano Cunego aveva mostrato del malumore a caldo, ma io non ho rubato nulla a nessuno. Dietro a Bettini, le seconde punte eravamo io e Rebellin. Non avevo obblighi di tirare la volata, e poi uno sprint non si sa mai come può andare a finire. Chi vince, poi, ha sempre ragione”.
Ballan parla poi del ciclismo professionistico e dell’impresa di Andrea Tafi, che vuole tornare a correre la Parigi Roubaix a 52 anni: “L’agonismo mi manca parecchio. Se partecipo a una Gran Fondo, mettendo il numero sulla schiena, parto e comincio subito a menare duro. Poi mi calmo, so che non devo dimostrare nulla. Tafi? Penso che ho ancora 13 anni davanti per provare a tornare al Fiandre. Seriamente, ho parlato con Andrea. Ho capito bene il suo spirito. Vuole mostrare come è cambiato il ciclismo in 20 anni. L’unica perplessità: con le squadre di 7 toglierebbe un posto importante a un professionista”.
Il veneto ha un piccolo rimpianto per come ha concluso la carriera: “L’incidente in allenamento a Denia a fine 2012 è stato brutto. Fratture, asportazione della milza, aderenze intestinali. Mi hanno operato tre volte a stomaco aperto. Avrei voluto avere una ulteriore opportunità, ma sto bene e in questi anni mi sono goduto di più la famiglia”.
Poi qualche battuta sul ciclismo attuale: “Nei prossimi cinque anni sarà dura per l’Italia vincere il Mondiale. Su percorsi misti e da volata, l’uomo da battere è sempre Sagan. Tracciati più duri… Moscon e soprattutto Nibali devono riuscire a staccare tutti. Vincenzo è sempre all’altezza, anche se un po’ di brillantezza la perderà. Poi Valverde vince a 38 anni e fa sballare le teorie, ma quanti ce ne sono?”
Infine qualche considerazione sulla sua vita attuale: “La bici è sempre al centro. Ora sono testimonial Mediolanum e lavoro con Bike Channel, oltre a fare la guida turistica per chi vuole pedalare: Canarie, Toscana, Dolomiti. Mi sta a cuore la sicurezza per chi pedale. In troppi non conoscono nemmeno il codice della strada. Bisogna fare più informazione. Ne va del futuro di tutti. Le mie figlie oggi corrono, Stella con l’UC Giorgione, dove avevo iniziato io, Azzurra con l’UC Lupi. All’inizio non volevo, per i pericoli che ogni giorno ci sono i ciclisti sulle strade. Poi la piccola è riuscita a convincere la mamma, e la grande ha voluto accodarsi. Ora sono contento, si divertono e fanno parte di bei gruppi. Attraverso loro rivivo qualche vecchia bella sensazione“.
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